Un uomo solo al comando

© ANSA

In meno di tre mesi l’Inter è diventata l’immagine perfetta di Antonio Conte, uno degli allenatori più bravi del mondo (forse il più bravo) a trasformare le squadre che gli vengono consegnate. Sembra che le dipinga con il pennello di Leonardo, giorno dopo giorno, senza alcuna sbavatura, trasmettendo non solo le sue idee tattiche ma anche la sua mentalità vincente. Lo ricordiamo quando prese la Juve e iniziò lo straordinario ciclo degli otto scudetti che potrebbe interrompere proprio lui, lo ricordiamo quando arrivò in Nazionale e cancellò il terribile mondiale di Prandelli e lo ricordiamo anche quando vinse subito lo scudetto con il Chelsea che la stagione precedente era arrivato decimo: Conte ha qualcosa in più degli altri, ce lo ha dentro e lo tira fuori, a beneficio dei suoi giocatori. E’ forse il più simile a Mourinho e non è un caso che l’Inter lo abbia chiamato per interrompere l’egemonia della Juve, che, anche dopo il successo contro il Verona, firmato da un infinito Buffon e dal solito Ronaldo, non è ancora la squadra di Sarri. Maurizio ha ancora bisogno di tempo, ad Antonio il tempo è volato e nello straordinario derby di Milano si è vista proprio la sua mano.

L’Inter resta in testa da sola, a punteggio pieno, dopo una partita dominata dal punto di vista emotivo e tattico: la trasformazione effettuata da Conte nel secondo tempo, poco dopo il gol del vantaggio di Brozovic, con gli inserimenti di Vecino al posto di Sensi e di Politano al posto di Lautaro, ha mandato in confusione Giampaolo e il Milan, ancora lontano dall’idea di squadra. I nerazzurri hanno sbranato gli avversari, li hanno aggrediti in tutte le zone del campo e li hanno sfiancati: un paio di parate importanti di Donnarumma, un clamoroso palo di D’Ambrosio a porta vuota, un gol annullato a Lautaro, poi una ripresa perfetta, celebrata con l’uno-due di Brozovic e Lukaku. Poco Milan, davvero. Si apre, probabilmente, la prima crisi di Giampaolo in rossonero, adesso il suo futuro dipenderà dalla forza e dalla coerenza degli stessi dirigenti che gli hanno fatto il mercato: siamo sicuri che le colpe di questo avvio siano soltanto dell’allenatore?

Nel frattempo la Juve resta in scia con un ritardo di due punti: va sotto con il Verona, sfrutta il primo gol italiano di Ramsey e un rigore di Ronaldo ma, soprattutto, una grande parata di Buffon proprio nel finale. A quarantuno anni, superGigi è sempre il Numero Uno. E Sarri, rispetto a Conte, è ancora indietro nel dipingere la Juve a sua immagine e somiglianza.

Articoli correlati

Commenti

Dalla home

Vai alla home