Stefano Calvagna: "Io e la Lazio, questione di fede"

Il regista, attualmente sul set del suo ultimo film "La fuga", ci parla della sua passione per il club di Lotito: "Può arrivare in Champions e il merito sarebbe soprattutto di Inzaghi. Il derby? Strootman ha simulato: è un dato di fatto"
"La Lazio è una questione di cuore e di fede. In questo momento da tifoso sono molto contento". Parola di Stefano Calvagna, regista, attore ed ex dirigente di calcio. Ma soprattutto grande tifoso laziale. "Mi è dispiaciuto moltissimo perdere il derby ma tutto sommato la stagione della mia squadra continua ad essere straordinaria. Merito di Inzaghi e di un gruppo che, nonstante qualche inevitabile amnesia, è più che valido". Abbiamo raggiunto telefonicamente Calvagna - autore tra l'altro del film "L'ultimo ultras" nel 2009 - sul set de "La fuga", nei cinema il prossimo anno. Del cast fanno parte anche Massimo Bonetti e la cantante Mietta.
Stefano, raccontami del tuo nuovo film attualmente in lavorazione
E' la storia di un ragazzo di borgata che si improvvisa rapinatore in una banca anche se in realtà non lo è mai stato. Il suo intento era vendicare il torto subito dalla madre che per quella banca faceva le pulizie. La donna, un giorno, si è ammalata di un tumore e per coprire i costi delle cure aveva chiesto un prestito rigettato per mancanza di garanzie. Dopo la morte della donna, il figlio è intenzionato a vendicarla ma la sua missione non va per il verso giusto e all'arrivo delle volanti della polizia parte in fuga per i rioni di Roma fino a quando non si ritrova davanti ad un palazzo con una scritta nella porta "Studio M". Pensando fosse uno studio medico chiede di entrare e si ritrova invece nell'abitazione di una escort. Con lei stringerà poi un rapporto di amicizia.
E' la storia di un ragazzo di borgata che si improvvisa rapinatore in una banca anche se in realtà non lo è mai stato. Il suo intento era vendicare il torto subito dalla madre che per quella banca faceva le pulizie. La donna, un giorno, si è ammalata di un tumore e per coprire i costi delle cure aveva chiesto un prestito rigettato per mancanza di garanzie. Dopo la morte della donna, il figlio è intenzionato a vendicarla ma la sua missione non va per il verso giusto e all'arrivo delle volanti della polizia parte in fuga per i rioni di Roma fino a quando non si ritrova davanti ad un palazzo con una scritta nella porta "Studio M". Pensando fosse uno studio medico chiede di entrare e si ritrova invece nell'abitazione di una escort. Con lei stringerà poi un rapporto di amicizia.
Quale messaggio vuoi trasmettere agli spettatori?
Racconto storie di ingiustizia quotidiana che siamo abituati a subire in silenzio. E' anche un messaggio sociale: a volte serve ribellarsi alla burocrazia che soffoca le nostre esistenze. Parla anche della solitudine di un ragazzo di borgata, costretto ad un gesto estremo per riscattare la propria dignità familiare. E poi la escort che ha perso il marito in un incidente in motocicletta e ha cominciato a lavorare con il proprio corpo, un'attività che mai avrebbe pensato di fare fino a qualche anno prima. Si ritovano in uno stesso spazio condizioni sociali differenti.
La tua fede laziale è rinomata. Hai mai assistito ad un derby durante le riprese?
Fortunatamente no ma ha assistito a grandi derby sul set. Uno su tutti Maurizio Mattioli contro Enrico Montesano, un duello straordinario fatto a colpi di goliardia e risposte lampo. Gli argomenti più dibattuti sono sempre gli stessi: chi è nato prima, la nascita della Lupa e via dicendo.
Prima di diventare regista sei stato team manager del Brescia ai tempi di Mazzone. Quanto è cambiato il calcio in questi (quasi) vent'anni?
Sono cambiate parecchie cose, anche a livello di tifo e passione. Io però il mio periodo nel calcio lo ricordo sempre molto volentieri. La mia esperienza lavorativa nel calcio è stata a Brescia e il contesto di Brescia non è quello di Roma. Quando c'ero io vedevo tutti i giorni allenarsi Baggio, Calori, i gemelli Filippini: era una grande squadra che arrivò settima in campionato. Il mio rapporto con Mazzone fu ottimo. Ricordo il primo incontro: lui mi chiese da dove venivo e io gli risposi da Roma. Ricordo che gli si illuminarono gli occhi: due romani a Brescia. Il mio esordio come team manager fu a Torino contro la Juve, non esattamente una passeggiata. Io a Mazzone gli dissi prima della partita: non perdiamo. Pronti, via e noi andiamo subito sotto. Poi nella ripresa Baggio si inventò quel gol con lo stop a seguire da sogno e il match finì 1-1. Da quel momento divenni il portafortuna della squadra: con me non perse mai. Ora ho cambiato professione ma l'amore viscerale nei confronti del calcio lo provo sempre.
Te l'aspettavi la Lazio così in alto a Natale?
No, e il merito va dato a Inzaghi che a questa squadra ha dato una forma mentis. Lui tra l'altro viene dal mondo Lazio e questa esperienza passata lo sta aiutando moltissimo. Lui ha lavorato a Formello, conosce la piazza e i tifosi. Certo, magari avrebbe dovuto spiegare un po' meglio a Wallace cosa vuol dire giocare un derby... La Lazio al derby è stata sfortunata, è stata punita da due errori individuali che non puoi mai permetterti. I primi venti minuti di partita sono stati troppo belli, ero preoccupato perché di solito quando la Lazio gioca così bene e non riesce a segnare poi finisce che la partita la perde. E infatti il finale amaro è arrivato. Peccato perché avremmo meritato ben altro risultato. Però subito dopo il ko ci siamo risollevati con due vittorie. Le grandi squadre fanno così, guardano sempre avanti. Nonostante la Lazio abbia perso quasi tutte le partite con le big secondo me può ambire al terzo posto.
Il mercato di gennaio è alle porte: De Vrij, Biglia e Keita attendono di discutere i rinnovi. Chi dei tre terresti ad ogni costo?
De Vrij, senza dubbio. Gli altri devono dimostrare di voler restare. Keita è letale quando entra a gara in corso, se gioca dall'inizio invece è un uomo in meno per la squadra. Alla Lazio manca uno alla Klose, manca una prima punta. Immobile non lo è. A noi ci manca in finalizzatore che butta dentro il pallone, un Dario Hubner dei nostri giorni. Non possiamo arrivare ai bomber superpagati ma ce ne sono tanti di attaccanti bravi a far gol in Italia. Prendiamone uno. Solo quello ci manca.
Caso Strootman-Cataldi: simulazione o no?
La mia non è un'opinione ma un dato oggettivo: Strootman ha simulato. E' palese ed evidente. Non c'è da discutere in merito. La Roma aveva appena segnato e Strootman tira l'acqua in faccia ad un avversario: ci fosse stato Couto al posto di Cataldi non so come sarebbe andata a finire per Strootman... Secondo me Cataldi ha avuto una reazione da Padre Pio.
L'infelice battuta di Lulic sui calzini di Rudiger?
E' stata una frase infelice ed istintiva. Lulic non ha accettato il verdetto del campo e a caldo ha detto una frase della quale poi si è scusato subito.